La bambina afgana resa famosa dalla foto scattata da McCurry
Kodachrome.Va in pensione la pellicola
a colori usata dai maestri
della fotografia e immortalata
in una canzone: "Era un'icona"
ALICE CASTAGNERI
«Mamma non portarmi via la mia Kodachrome», così cantava Paul Simon nella sua celebre canzone dedicata alla prima pellicola a colori prodotta da Eastman Kodak. Certo, oggi, quelle parole hanno un suono un po' amaro. A mezzogiorno (alle 19 ore italiana), infatti, l’ultimo rullino di quella che 75 anni fu una rivoluzione per il mondo della fotografia sarà sviluppato nel negozio Dwaynès Photo in Kansas. Il piccolo laboratorio fotografico, a conduzione familiare, che grazie alla passione e alla perseveranza era diventato l'ultimo rifugio per i reduci della pellicola, nei giorni passati è stato meta di un inaspettato pellegrinaggio. Un omaggio di tutti quelli che nel corso degli anni hanno immortalato con Kodachrome tramonti minacciati da bianche nuvole all'orizzonte e visi di donne logorati da un passato che lascia il segno.
Tra gli ospiti famosi del bunker fotografico anche McCurry, a cui venne affidato nel 2009 l'ultimo rullino prodotto. Proprio con Kodachrome il fotografo ha realizzato una delle immagini più conosciute finite sulla copertina del National Geographic. Una bambina afgana dagli occhi color smeraldo, uno sguardo magnetico da cui è difficile non restare affascinati. Uno scatto dai colori nitidi, brillanti, vivi. Insomma, quei colori che hanno reso tanto famosa la Kodachrome. Ma nelle ultime settimane anche volti meno noti hanno fatto visita alla bottega simbolo dei nostalgici, che non si sono ancora rassegnati agli scatti digitali da scandagliare al computer e alle asettiche schede di memoria. Appena la notizia ha fatto il giro del mondo, non solo i "conservatori", ma anche quelli che aveva accumulato per decenni le pellicole nell'armadio, si sono risvegliati. E Dwaynès Photo si è ritrovato sommerso di rullini, che sono arrivati da cinque continenti.
Una volta erano venticinque i laboratori che svolgevano questo tipo di lavoro. Poi col tempo sono spariti uno dopo l'altro. Prima quelli negli Stati Uniti. Poi tutti gli altri. Ne restavano ancora uno in Giappone e uno in Svizzera. E, alla fine, solo quello in Kansas. Così oggi se ne è andato un altro pezzo di storia o forse qualcosa di più. Come ha detto al New York Times Todd Gustavson, curatore del Museo di fotografia George Eastman House a Rochester, la Kodachrome "è più di una pellicola, è un'icona della cultura pop". Per i proprietari di Dwaynès una delle decisioni più dure da prendere è stata quella di rifiutare le decine di richieste di appassionati e professionisti che volevano sviluppare le loro immagini. Chissà, quindi, quanti scatti segreti, abbandonati in qualche scatola, non avremmo la possibilità di vedere.
fonte: lastampa.it
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