Intervista a Guido Bartoli
Introduzione e intervista di Dino del Vescovo
Fotografare una città, un edificio o un ambiente interno, significa mettere in campo precisione e senso geometrico. Guido Bartoli, docente Nikon School di Fotografia d'architettura, lo dice con molta chiarezza, spiegando in più punti come ci si avvicina a questa pratica fotografica.
Argomenta con abilità su quelle che devono essere le aspettative e in che modo un fotografo d'architettura può impiegarsi nel mondo del lavoro o esprimere la sua arte: «Il corso è destinato a chi vuole impadronirsi della tecnica, per poi sfruttare quest'ultima per comunicare».
Con molti anni di esperienza sul campo e in aula, Bartoli ci ha descritto quali sono le ultime frontiere di questo particolare settore di applicazione che, forse più di altri, è cambiato insieme al passaggio dalla pellicola al digitale.
Esperto di teoria dell'immagine, quindi di gestione del colore e di elaborazione del formato Raw, nonché di tecniche di composizione come lo stitching e l'HDR (High Dynamic Range), racconta di essere un appassionato di subacquea, con un debole per l'area marina protetta del promontorio di Portofino, in Liguria. Un posto, a suo dire capace di comunicare emozioni più di quanto facciano i fondali dei mari tropicali, e di "farlo sentire a casa".
Ama viaggiare, soprattutto in fuoristrada, per essere a contatto con la natura e scoprirne i lati nascosti. Il viaggio in 4x4 lungo le pianure laviche dell'Islanda lo ha già fatto, mettendo nel cassetto il sogno di percorrere in lungo e il largo il Canada e le sue grandi foreste.
Ama gli animali, i cani in particolare e segue con il contagocce lo sport, men che meno il calcio. Ammette di apprezzare molto la cucina, ma non di saper cucinare. Forse non è un caso che nei suoi lavori di still-life fotografico non abbia mai puntato l'obiettivo su un primo piatto fumante.
Ciao Guido, cosa ti ha spinto ad accettare l'incarico di docente Nikon School? Credi che questa esperienza possa far bene anche a te?
La fama di Nikon nel mondo e la serietà del gruppo Nital. Ho collaborato in diverse occasioni con la Nital di Torino, ricevendo ogni volta conferme sulle capacità e sulla serietà del suo organico. Quanto a me, insegno ormai da tanti anni ed ho capito che tenere dei corsi significa soprattutto imparare. Spesso gli allievi mi rivolgono domande interessanti per le quali devo ragionare e documentarmi prima di fornire risposte precise. Tutto ciò porta ad affinare le mie conoscienze.
Leggendo la presentazione del tuo corso, si scorge l'invito a partecipare anche a chi utilizza fotocamere compatte. Cosa si richiede a una di queste macchine perché possa ben comportarsi con la fotografia d'architettura?
È bene fare un po' di chiarezza. Si può praticare la fotografia d'architettura anche con una compatta, in particolare la cosiddetta "fotografia di documentazione". Mi spiego meglio: un architetto, un agente immobiliare o un ingegnere che siano impegnati in un cantiere, si trovano spesso a fotografare per documentare lo stato dei lavori.
In questi casi non si possono usare strumentazioni complesse come quelle di cui parleremo tra un po'. Sarebbe poco pratico.
L'unica soluzione è utilizzare macchine fotografiche compatte. Non tutti i modelli però sono idonei: caratteristiche tecniche come un obiettivo grandangolare di buona qualità e la possibilità di salvare gli scatti in formato Raw sono irrinunciabili. Se c'è anche la possibilità di impostare l'esposizione manualmente, quindi di regolare tempo di posa e apertura del diaframma, tanto di guadagnato.
Se diamo un'occhiata alle compatte Nikon, per esempio, diversi modelli della linea COOLPIX P potrebbe fare al nostro caso.
Il tuo settore di applicazione non è dei più facili. Quale consiglio daresti a chi vuole specializzarsi nella fotografia di architettura? Quali sono le difficoltà che oggi si incontrano?
Si deve distinguere fra difficoltà tecniche e difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. Le prime si superano con lo studio e l'applicazione, le seconde vanno invece affrontate con il dovuto ottimismo.
Il mondo dell'editoria è in forte crisi per cui non si deve intendere la fotografia d'architettura come una pratica finalizzata soltanto alla realizzazione di riviste e libri a tema.
Oggi Internet offre molto di più. Molti siti a carattere turistico e commerciale - mi riferisco ai villaggi, agli hotel, agli agriturismo, alle case-vacanza e ai negozi -, amano dotarsi di un corredo fotografico all'altezza, che sia in grado di colpire l'attenzione dei visitatori. Solo un fotografo d'architettura può garantire questi risultati.
Se dovessi dare un consiglio a chi si sta avvicinando a questo stile fotografico, direi che è importante conoscere le regole di base del disegno, quelle cioè che ci hanno insegnato a scuola, a proposito di prospettiva, di linee di fuga, di teoria delle ombre, di punti di vista. Conviene quindi prendere dei libri e iniziare a leggere.
L'importanza dell'apparecchiatura. Come comporresti un corredo base?
Per quanto riguarda il corpo macchina, direi che con una D700 si può lavorare in tutta tranquillità. A questa abbinerei alcuni obiettivi, come il 16-35mm f/4, per fotografare in ambienti angusti, il normale 50mm f/1,8 e l'80-200mm f/2,8 che consente di riprendere i particolari.
Se si vuole andare un po' oltre, allora è bene optare per uno dei corpi della serie D3 e per un obiettivo dotato di basculamento come il PC-E 24mm f/3,5 che è a dir poco fantastico. Lo affermo che lo uso in prima persona.
Aggiungerei infine una staffa Jumbo, quella progettata da Beppe Maio della Nital, di cui si parlerà durante il corso e che al momento rappresenta il non plus ultra per effettuare lo stitching. Questo però, me ne rendo conto, è un corredo già avanzato.
Quanto pensi che si possa intervenire con i software per correggere le distorsioni periferiche? E, in questo, il Capture NX2 come si comporta?
Si può intervenire in modo sostanzioso, soprattutto per quanto riguarda i difetti ottici. A titolo di curiosità ti dico di aver provato a fotografare con obiettivi abbastanza datati, sempre di fabbricazione Nikon. Malgrado le immagini avessero presentato una certa aberrazione cromatica lungo i bordi, sono riuscito a renderle praticamente perfette ricorrendo al Capture NX2. E senza faticare tanto, anzi spostando semplicemente lo slide dedicato alle aberrazioni verso destra. Diverso è il discorso delle distorsioni prospettiche. Impareremo durante il corso a correggere anche queste, usando per esempio il Photoshop.
È più facile la ripresa in interni o in esterni?
Sicuramente in esterni. Ovunque si può aspettare che la luce sia ottimale prima di scattare. Quando si lavora invece in interni, bisogna provvedere a creare un'illuminazione artificiale. Ma è un parere soggettivo.
L'importanza del flash in questo tipo di riprese? Con quali flash svolgi il tuo lavoro?
Quando si lavora in interni il flash è sicuramente importante, anzi indispensabile. Quando invece si è fuori, può perdere di utilità.
Nikon mette a disposizione lampeggiatori di qualità straordinaria, capaci di funzionare in modalità wireless, facili da posizionare praticamente ovunque.
Fra i miei flash, c'è l'SB-900 con il quale posso far fronte anche alle più complicate situazioni di ripresa. Lo posiziono su una colonna, fuori dalla finestra, dietro un vaso, insomma ovunque sia necessario, senza avere fili in giro.
I flash Nikon hanno mostrato nel tempo una versatilità eccezionale. Puoi per esempio avere un'idea di quanto ti sto dicendo se leggi alcuni eXperience pubblicati nella sezione Feel Nikon del sito nital.it, in particolare quello in cui il flash viene addirittura messo sott'acqua. I risultati parlano più delle parole.
Lo stitching è una tecnica di composizione molto utilizzata nella fotografia urbanistica e di architettura. Esistono diversi software che la eseguono. Cosa pensi delle funzioni interne alle compatte più moderne, come le Nikon COOLPIX, con le quali è davvero facile "affiancare" immagini?
Quando l'operazione di stitching riguarda paesaggi naturali e panorami, l'unione di più immagini risulta relativamente semplice e, da questo punto di vista, riescono abbastanza bene anche i software interni alle macchine compatte.
Se subentrano linee ed elementi geometrici, le cose cambiano. Quando si effettuano servizi di urbanistica e architettura e si ha la necessità di coprire un angolo di 360° o giù di lì, allora è necessario conoscere bene le tecniche di ripresa e utilizzare software più sofisticati.
Con quale tipo di fotografia non ami cimentarti?
Con la foto di moda, perché non ho la sensibilità necessaria a interpretare correttamente i soggetti. Voglio dire, quando uno fa moda, deve inquadrare il vestito e allo stesso tempo chi lo indossa, perché è dall'insieme delle due cose che viene fuori, appunto, la fotografia di moda. Bene, quando c'ho provato ho capito che non fa per me.
Né riesco perfettamente nel ritratto di alto livello. Da questo punto di vista, mi definisco un fotografo di soggetti statici, incline allo still-life, ai panorami, alle foto di architettura, etc.
C'è un monumento o un ambiente esterno che potresti fotografare mille volte, capace di emozionarti sempre?
Sì, Bergamo Alta e la sua piazza. Quando lavori in quel posto, non lo dimentichi più. Anni fa ho insegnato all'Istituto Italiano di Fotografia e portavo i miei studenti proprio a Bergamo Alta, perché lì c'è tutto quello che un allievo di fotografia di architettura può e deve imparare. Poi c'è il Lago di Como, dove ho provato un'infinità di macchine fotografiche, sia a pellicola, sia digitali. Direi che questi due ambienti sono i miei preferiti.
Perché l'HDR nella foto di architettura?
Primo perché abbatte i contrasti, soprattutto quando si lavora in esterni. Secondo perché spesso si ha la necessità di mettere in evidenza i dettagli nascosti dalle ombre. Vorrei però sottolineare che nella foto di architettura l'HDR va utilizzato con molta cautela. Chiunque abbia a che fare con questa tecnica, sa quanto sia facile farsi prendere la mano fino a ottenere risultati di grande impatto visivo, ma tali da stravolgere il soggetto originale.
Se si guardano le foto in HDR raccolte in Fickr o in Clikon.it, si può ben vedere come molte abbiano un che di surreale. In ogni caso affronteremo questi temi durante il workshop.
Da quanto tempo sei nikonista e perché?
In tutti questi anni di attività ho provato diverse marche. Utilizzo esclusivamente Nikon ormai da due anni e a questa scelta ha contribuito molto la D700, una reflex che ritengo essere vicina alla perfezione. Il perché? È semplice: affidabilità, qualità delle ottiche e ottima assistenza tecnica.
Guido, dammi tre buoni motivi per convincermi a partecipare al tuo workshop.
1. Il corso è destinato a chi vuole impadronirsi della tecnica, per poi sfruttare quest'ultima per comunicare. La fotografia d'architettura infatti non è solo commerciale, ma è anche arte espressiva.
2. Si parlerà di gestione del colore e del formato Raw, concetti fondamentali oggi per lavorare in ambito fotografico.
3. Infine perché saranno due giorni intensi in cui saranno affrontate molte tematiche.
Fonte: Nital.it
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